domenica 22 ottobre 2017

Folle di scienza

Incontro per divulgatori scientifici


In questo fine settimana ho partecipato, come uditrice, all'incontro per divulgatori scientifici Folle di scienza, a Strambino. Io ho potuto, purtroppo, partecipare solo agli interventi frontali, ma sono state due mattinate davvero interessanti, dato anche l'alto calibro degli oratori (Giuseppe Pellegrini di Observa, Walter Quattrociocchi della Ca' Foscari, Vincenzo Crupi, Università di Torino e Franco Aprà e Fabrizio Elia, Ospedale San Giovanni Bosco) e dei partecipanti.
Vorrei cogliere alcuni spunti generali e trasversali che sono emersi nei vari interventi e che mi hanno particolarmente colpito.

A che punto siamo?



Spesso chi tenta di divulgare idee e metodi scientifici o si occupa di debunking, si scontra con persone che hanno all'apparenza più tendenza di altre a credere a spiegazioni complottistiche o magico-misteriose. E altrettanto spesso ci si chiede come mai qualcuno accetti subito la spiegazione razionale e supportata da prove, mentre altri no. Secondo Giuseppe Pellegrini, nel suo intervento dedicato a tracciare la situazione attuale, una causa può essere ricercata nel crollo dell'idea di infallibilità della scienza e della totale fiducia nell'esperto, che ha caratterizzato la nostra storia passata. A questo si associa il concetto, discusso anche in altri interventi, che la scienza non vada infusa dall'alto, nozionisticamente, ai comuni mortali, ma che ci debba essere un continuo dialogo con il pubblico. A questa riflessione, io aggiungerei che più che insegnare, per esempio nelle scuole, gli assunti, i punti di arrivo della ricerca, bisognerebbe far entrare i bambini e i ragazzi in confidenza con il metodo scientifico, cioè con i meccanismi e i sistemi di pensiero che hanno portato a quelle scoperte (cosa che tento di fare nei miei percorsi didattici). Meccanismi che potranno servire in futuro per capire quando una notizia è credibile e quando no.
Ad avvalorare questa tesi si pone la constatazione, sempre di Giuseppe Pellegrini, che non basta dare tante informazioni al pubblico per generare conoscenza o sostegno, ma bisogna ascoltare le sue domande e interagire con esso.

L'era delle fake news


Di fake news ha parlato Walter Quattrociocchi in un intervento tanto interessante quanto denso di contenuti. Studiando i social in un progetto che prende in considerazione diversi campi disciplinari, sono sorte alcune constatazioni generali che certamente fanno riflettere molto i divulgatori scientifici. Riporto solo alcuni spunti, perché mi sarebbe impossibile riprodurre la complessità del discorso. 
Il fulcro del''intervento è stato, secondo me, il concetto di confirmation bias e cioè quel fenomeno secondo cui quando cerco un'informazione su internet, ho già un'idea formata nella mia testa e tenderò ad essere attratta dai link che la confermano e ad ignorare quelli che invece la smentiscono. A riprova di questa affermazione c'è l'osservazione che i social si spaccano in due: da una parte quelli che seguono solo le informazioni legate al complottismo o ai misteri, dall'altra quelli che seguono link legati a notizie scientifiche o pagine di debunking (meno del 10% del campione studiato).
Inoltre a questo punto entra in scena un'altro fenomeno sociale chiamato identification bias: se una persona parla con un'altra che la pensa come lui, le loro convinzioni si rafforzano, mentre se dialoga con qualcuno che che sostiene l'idea opposta, la situazione degenera velocemente in un litigio (bastano 3 post). Compito del divulgatore, secondo Walter Quattrociocchi, è quello di mantenere bassi i toni per evitare la polarizazione delle parti e mantenere aperto il dialogo. Per fare questo non bisogna partire dal presupposto che si parla a qualcuno per convincerlo, ma potrebbe anche avere ragione lui. La fiducia del pubblico non è innata, ma va conquistata post dopo post.
A questo punto è venuta dal pubblico la domanda: "I social, quanto sono veramente specchio del mondo reale?" La constatazione che mi viene da fare è che dipende. Per alcune persone quello che avviene per esempio su facebook è la realtà, la loro vita si svolge li e io penso che non si possa più ignorare il fenomeno o relegarlo all'età dell'adolescenza (periodo in cui, per altro, sarebbe importantissimo far capire il metodo scientifico).

L'importanza della complessità

Nell'ultimo intervento che ho seguito, Vincenzo Crupi, Franco Aprà e Fabrizio Elia affrontavano un tema fondamentale e cioè come comunicare la complessità della scienza. E' emerso infatti come spesso vengano troppo semplificati i concetti scientifici, per esempio negli articoli di giornale, e quasi snaturati. Infatti spesso il pubblico ha l'idea che la scienza trasmetta la Verità Assoluta, quando invece è l'esatto opposto: la scienza è fatta di domande, dubbi e probabilità. Questo è particolarmente vero in archeologia, dove, almeno fino all'invenzione della macchina del tempo, non potremmo mai essere certi al cento per cento che le nostre interpretazioni siano corrette. 
Dunque, come comunicare questa complessità e incertezza, senza spaventare il pubblico o dare un'idea sbagliata (e cioè che tutto sia lecito)?
La risposta non è semplice e nemmeno immediata. Nell'intervento si è parlato di come l'essere umano spesso preferisca la certezza quando la situazione è positiva (preferisci 500 euro subito o tiriamo la monetina: croce perdi tutto, testa ne vinci 1000?), mentre l'incertezza quando è negativa (hai 1000 euro, preferisci che te ne tolgo 500 subito o tiriamo la monetina: croce perdi tutto, testa tieni tutto?). Su questo concetto si basano anche tutti i giochi a premi che vediamo alla tv. 
Il fatto è che la certezza è inconscia, non ci devo pensare, è automatica, mentre la probabilità è conscia, ragionata e richiede uno sforzo maggiore. Da questo punto di vista sarebbe, a mio parere, utile allenare questa accettazione della probabilità e dell'incertezza fin dalla scuola. In questo senso rientra in gioco l'importanza della didattica fatta da esperti dei vari settori, in modo da dare la possibilità agli studenti di familiarizzare con il metodo scientifico. Metodo di pensiero che potrà essere applicato a tutte le scienze e anche alle situazioni della loro vita futura.

Vorrei concludere dicendo che sono stati due giorni davvero ricchi di spunti. Per quanto mi riguarda, credo che la parte didattica del mio lavoro, il consumarsi le suole nelle scuole, a contatto con bambini e ragazzi, sia la parte più importante e stimolante. Senza nulla togliere al lavoro di debunking e divulgazione che cerco di fare con questo blog. A questo proposito invito tutti i miei lettori a dialogare con me e mandarmi delle domande. Se leggete una notizia archeologica sul giornale che vi incuriosisce, scrivetemi!

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